lunedì 22 marzo 2010

Ceglie Messapica e Pietro Gatti,una città da sognare


Un sogno


Ve lo descrivo in lingua originale ed italiano "attraverso uno stato d'animo" di una poesia di Pietro Gatti:
-*-
Quide suenne! metute a lla perdute
quanne u sole: na ròzzele de lusce
granna granne frevveve ind'a nnu ciele
de fueche.
Po nu manucchje sott'ô calaprisce:
stennute a 'n derre me ppuggiave a cape
sobbe, pe jate suenne a uecchje apierte
a lluenghe.
Mu tott'a pezze aggire: na respiche.
I ppetre i spine i ll'òssere me dòlene
gghjecanne i qquessa mane ca me trèmele
credenne ca sté strenge nu tresore
na spiche.
Speriame cré. Ma pure nu graniedde.
Spergiute sott'â chjofe. Jind'ò core.
A sccange: quatte zzèppere d'ariene.
Nu fiore.
Nu fioru sule. M'accundende. O pure,
megghje assé: ci me jénghje le do pase
cu 'ngunu piungiedde de papaggne.
Pe ddorme.
Na negghje senza trièmele de suenne.
A 'm basce.
(da “L'immaginazione”, Lecce, nn.64/66, 1989)



-*-
Quei sogni! mietuti perdutamente / quando il sole: una girandola di luce / immensa ferveva in un cielo / di fuoco. // Poi un covone sotto il perastro: /
disteso per terra mi poggiavo il capo / sopra, per altri sogni ad occhi aperti / a lungo. // Ora tutto l'appezzamento mi giro: una spigolatura. / E sassi e
spini e le ossa mi dolgono // piegandomi e questa mano che mi trema / credendo che stia stringendo un tesoro / una spiga. / Speriamo domani. Ma pure
un granello. / Perduto sotto la zolla. Dentro il cuore. / In cambio: quattro steli d'origano. / Un fiore. // Un fiore solo. M'accontento. / Oppure, / meglio
assai: se mi
empio le due tasche / con qualche pugnello di papavero. / Per dormire. // Una nebbia senza tremiti di sogni. // In pace.

(Traduzione dell'Autore)










(tasto dx -> Apri Link in un'altra scheda)







ritratto del poeta
Vita:



Ha lavorato presso il suo Comune in qualità di vice segretario generale.
Ha pubblicato Nu vecchie diarie d'amore [Un vecchio diario d'amore], Ceglie M., La Messapica, 1973;
A terra meje [La terra mia], Fasano, Schena, 1976; Memorie d'ajiere i dde josce [Memorie di ieri e di oggi], Cavallino di Lecce,Capone, 1982; Nguna vita [Qualche vita], Fasano, Schena, 1984.
Critica: M. D'Elia, La poesia dialettale di Pietro Gatti, Galatina,Congedo, 1973; F. Lala in “Studi Salentini”, XLIX-L,
1976; G. Custodero, “Controcronache di Puglia”, 15 marzo 1977; R. Nigro, “Quaderni del Gruppo Interventi Culturali”,
luglio 1977; D. Valli, “L'Albero”, 57, 1977; M. Marti in Studi in onore di R. Spongano, Bologna 1980;
Id. in La letteratura dialettale in Italia, a cura di P. Mazzamuto, Palermo 1984.

.."Non si conosce autore pugliese più radicalmente legato al richiamo orfico della natura. Gatti ha intrapreso da sempre un suo personalissimo e sofferto viaggio nelle viscere del suo spirito, che si identifica interamente con la sua terra: quella di Ceglie intitolata al popolo molto antico dei Messapi, e che pur parte del Salento è, con le sue coloriture sannitiche, un'isola linguistica.
Con questo dialetto Gatti ha costruito il suo mondo espressivo, cioè dare voce,attraverso la discesa agli inferi,all'inconscio,
all'indicibile, al sorprendente, alle forme ancora non formate.
Lungi dall'essere nostalgia o culto del passato,la poesia di gatti ha voluto significare, tramite il paesaggio naturale,la difesa dell'interiorità e della psichicità contro l'alienazione della realtà.
Il ritorno alle origini, insomma, è stato la salvezza della propria autenticità e il riconoscimento e il salvataggio diuna civiltà,
sia nei suoi aspetti materiali che in quelli magico-spirituali."..


Per chi vuole approfondire: 1 2 3

grazie per la visione nic_di




Nessun commento:

Posta un commento